Rughe: le facce spente delle cose, cattedrali di polvere. Le conosco bene, mi assomigliano. Le accarezzo pietosa col panno antistatico, tecnologica versione dell’antico straccio, volendo in qualche modo conservare perfino la sporcizia, e in quella affreschi di spazi lasciati per caso.
Ma non torna e anzi resterà lontana, con tutti i suoi lugubri scarti, e monumenti di unghie inutilmente laccate la giovinezza.
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