FILI D'ERBA
Variazioni sul tema del regalo

Testo e disegni: Laura De Luca
Musiche originali: Silvano Valci

 


 

5.  Questo regalo è tutto nella sua vigilia
 

Il bello del regalo, dicevamo, è nel cercarlo.
E nel fatto che alla fine lui si lascia comunque trovare.
Prima o poi.
In realtà non sono esattamente io che troverò il regalo giusto per te.
Sarà lui, astuto e aggraziato, a venirmi incontro, lasciandosi trovare.
 
Questo regalo vive dunque una sua solenne vigilia: una cerimonia intima e lunga lo precede e, attendendolo, lo “avvolge”...
Ti stupiresti se ti dicessi che lo cerco da quando ti conosco?
 
Poi lo trovo, o meglio lui si fa trovare: io l’ho comunque cercato, e il cercarlo mi ha messo in dimestichezza con te, mi ha avvicinato all’unicità del tuoi gusti, alla stranezza tuoi desideri, al modo in cui respiri, al colore della tua pelle, alla forma delle tue mani...
Trovando il regalo, ho continuato a trovare te.
E così ho replicato all’infinito il nostro incontro.
Ma io non ti ho ancora trovato del tutto, mi manca sempre qualcosa...
 
La cerimonia non è compiuta fino a quando il regalo non piove esattamente nelle tue mani.
E anche allora, la vigilia del regalo non sarà ancora esaurita.
Anche allora mi mancherà qualcosa.
 
Sempre manca qualcosa a chi fa un regalo. (Diversamente, non lo farebbe.)
Il regalo è lo struggente tentativo di riempire questa mancanza, ovvero tutte le mancanze.
 
Anche per questo, proprio la vigilia del regalo gli conferisce bellezza.
Un regalo senza vigilia, senza intenzione e senza progetto non è un regalo.
E’ solo un oggetto passato di mano.
 
Dunque solo mentre mi dispongo a farlo, il regalo è inspiegabilmente perfetto. Riassume quella tensione e colma quella distanza.
Quando te lo avrò dato, si riaprirà la ferita.
Per questo rinuncio sempre a consegnarti ciò che ho predisposto per te.
 
Per questo un regalo ha bisogno di un tempo infinito che preceda la sua consegna.
Di una ritualità esterna al tempo ordinario.
Solo il tempo solenne concesso a un regalo, cioè riservato ad immaginarlo, lo rende prezioso.
 
Questo tempo confina con la meditazione.
E’ un tempo aperto, recettivo, immobile, contiguo allo spirito, lontanissimo dagli orologi.
Il tempo di ascoltarti anche se non mi parli.
E’ un tempo perso, impiegato in niente di utile secondo il buon senso.
E’ un tempo contro ogni buon senso.
 
Posso percorrere la città in lungo e in largo per ore alla ricerca di quel solo oggetto che ti spetta.
E che mi aspetta.
Sarò capace di sprecare intere giornate, pellegrinando di negozio in negozio, pur di trovarlo.
(Ma non saranno mai giornate sprecate...)
Ci sarà un momento in cui diventerò rabbiosa di non trovarlo, e tuttavia non perderò il mio obbiettivo...
 
In Cronaca familiare Vasco Pratolini racconta la sua furiosa ricerca della marmellata di arancio, chiestagli dal fratello malato. Lo scrittore riferisce la disperata frustrazione del non riuscire a trovarla in una Firenze devastata dalla miseria della guerra...“...Percorsi tutta la città, di negozio in negozio, di rifiuto in rifiuto. I bottegai scrollavano il capo come chiedessi qualcosa di assurdo, un pezzo di Marte. Sudavo correndo, di strada in strada, di bottega in bottega, e di sorriso in ironia (...) Disperazione e fraterno egoismo mi tolsero in quelle ore l’intelletto: ero un uomo cieco e scatenato che cercava un barattolo di marmellata d’arancio con l’impeto di un brigante di strada, con la voce querula di un accattone....”

  

   
     

Anche parlare del regalo è bello.
E, all’estremo opposto, non parlarne affatto: sperimentarlo come un vizio solitario, custodirlo come un segreto il più a lungo possibile...
Fino a quando non te lo consegnerò, e allora scioglierò le campane.
 
Per questo, “perdo tempo” anche a progettare l’incarto.
Incartare il regalo per te significa spingere all’estremo la sua parentela col mistero,  protrarre il segreto.
Nasconderlo solo per giungere a svelarlo.
A te e al mondo interno.
Incartare il regalo è velare il segreto, e dunque esaltarlo: celebrare il pudore del sentimento.
 
Mi piace da morire incartare regali.
Quando li acquisto, non me li faccio mai consegnare incartati.
Non mi piacciono i regali firmati, confezionati con il marchio del negozio.
Incartare un regalo è per me come mettere a letto un bambino, avvolgerlo nella sua coperta, osservare l’eclissi della sua coscienza, la sua scomparsa nel mondo dei sogni.
Incartato, il mio regalo cambia personalità, diventa una presenza silente, mille volte più eloquente proprio nel suo appartarsi dal mondo delle evidenze, delle cose esposte.
 
Scelgo il colore della carta...
Il colore della carta per il tuo regalo è celeste. Lo è già stata, sempre lo sarà.
Celeste come cielo.
Te l’ho già detto che ogni regalo ha qualcosa a che fare con Dio?
Non potrei mai avvolgere questo regalo in una carta rossa, o a disegni chiassoni.
La carta per il tuo regalo è un velo, un tenero sipario, l’anima di questa vigilia.
 
 
Ma ci sono anche regali nudi.
Il mio potrebbe anche essere un regalo nudo, non se ne vergognerebbe e non me ne vergognerei.
Alcuni regali gioiscono della loro spogliatezza, del passare da una mano all’altra, apparentemente senza alcuna cerimonia.
Potrei anche regalarti una cosa mia, che lo è stata fino a un po’ di tempo fa e che ora decido ti appartenga.
Che ora decide di appartenerti...
Un libro rilegato con le pagine bianche, un orologio, un libro, una chitarra con cinque corde...
La mia vita si versa allora nella tua con normalità, come a un capitolo di un romanzo ne fa seguito un altro ben collegato, e la storia prosegue in un altro ambiente, con altri personaggi. Ma è sempre la stessa storia...
Un oggetto usato è un  bellissimo regalo.
Un oggetto usato, sì, potrei regalartelo.
E in effetti te l’ho già regalato.
 
Insieme a quell’oggetto, ti ho regalato alcuni dei miei gesti nomadi rimasti lì attaccati.
Dunque non era esattamente un regalo nudo...
La sua confezione era il reticolo dell’usura: le impronte delle mie mani, il ricordo dei miei gesti, qualche graffio, parecchie imperfezioni sulla sua superficie...
La sua unica cerimonia era la normalità con cui è diventato tuo.
 
In Giappone, per la cerimonia del tè, tutto viene allestito con meticolosa attenzione ad ogni particolare, e la stanza adornata con fiori di ciliegio composti in perfetto ikebana.
E’ questo il miglior regalo (la migliore “vigilia” di regalo ) che si possa riservare ad un ospite e alla sua venuta.
Ma l’ordine della stanza potrà apparire eccessivo, e l’atmosfera troppo fredda.
 
Ecco allora che il padrone di casa tocca lievemente i rami del ciliegio perché qualche fiore cada con naturalezza sul pavimento.
Quel piccolo disordine è il tocco finale sul regalo, il nastro sull’incarto.
Anche l’imperfezione fa parte della cerimonia.
Anche l’imperfezione è il regalo...

 

 

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